Tabù Droghe in Giappone: diffusione, leggi, percezione sociale e rischi legali

Se stai pensando di andare a fare festa in Giappone, questo articolo è per te! Il Giappone è un paese conservatore, noto per la sua cultura del rispetto, della disciplina e per le severe norme sociali, e ha un approccio rigido e inflessibile nei confronti delle droghe. La tossicodipendenza e l’uso di sostanze stupefacenti sono fenomeni presenti ma fortemente stigmatizzati, regolati da leggi severe e con conseguenze legali che possono avere un impatto devastante sulla vita di chi viene scoperto in possesso di droghe. Nessuno tra i miei amici e contatti in Giappone fa uso di droghe, nemmeno di cannabis, una realtà diametralmente opposta rispetto alla vita in Occidente dove con leggerezza moltissime persone fanno uso non solo di droghe leggere ma di varie sostanze psicotrope.

Dotonbori a Osaka è considerato uno dei principali centri della movida della città. Foto di Walk of Japan

La diffusione delle droghe in Giappone

Contrariamente a quanto si possa pensare, il consumo di droghe in Giappone esiste, anche se in misura inferiore rispetto a molte altre nazioni. Le sostanze più diffuse sono la cannabis, le metanfetamine (shabu) e, in misura minore, gli allucinogeni e la cocaina. Le metanfetamine sono storicamente legate al Giappone, risalendo al periodo postbellico, quando venivano usate per mantenere alta la produttività dei lavoratori. Tuttavia, oggi, l’uso di droghe è considerato un grave tabù sociale, e chi viene scoperto a farne uso rischia di perdere il lavoro, i legami sociali e di essere ostracizzato dalla comunità. Spesso infatti il consumo di droghe è associato alla criminalità o a gentaglia senza senso civico che invece di contribuire alla società, preferisce trovare rifugio nel consumo di droghe. Raramente vengono fatti pensieri più complessi circa le fragilità di chi magari vive ai margini della società, questo anche perché lo Stato sociale in Giappone, seppur rigidamente burocratizzato, è molto capillare ed efficiente.

Il quadro legale: leggi severe e tolleranza zero

Il Giappone ha alcune delle leggi antidroga più severe al mondo. La Cannabis Control Act, la Stimulant Drugs Control Act e la Narcotics and Psychotropics Control Act regolano il possesso, l’uso e il traffico di droghe, con pene che possono arrivare fino a 10 anni di carcere con lavori forzati per possesso o consumo personale, e fino all’ergastolo per il traffico di sostanze su larga scala. Anche una quantità minima di droga è sufficiente per essere arrestati e condannati.

Inoltre, la legge giapponese prevede che il reato di droga sia perseguito con il massimo rigore: non esistono programmi di riduzione del danno o depenalizzazione per le droghe leggere, e la semplice confessione di aver fatto uso di una sostanza all’estero può comportare il divieto di rientrare nel paese.

Uno dei luoghi più “malfamati” del Giappone! Siamo a Shinsekai, Osaka. Ricordo questo palo che metteva in guardia da presunti travestiti e “transformation”. In assoluto una delle foto più esilaranti e divertenti di tutti i miei viaggi! Purtroppo non vidi né cross-dresser né transessuali ma effettivamente fuori da Shin-Imamiya Station fui approcciato per comprare cannabis. Foto di Walk of Japan

Il principio dell'extraterritorialità delle leggi giapponesi sulle droghe

Come può essere possibile un’azione così forte anche se il consumo di droga è avvenuto all’estero? Le leggi giapponesi contro le droghe hanno infatti un aspetto particolarmente severo: il Giappone applica il principio dell'extraterritorialità, il che significa che un cittadino giapponese può essere perseguito per uso di sostanze stupefacenti anche se l’uso è avvenuto in un paese dove quelle sostanze sono legali. Ad esempio, se un giapponese ammette di aver fumato cannabis durante un viaggio in Canada, dove è legale, potrebbe essere arrestato al ritorno in patria.

Cosa succede agli stranieri e ai turisti?

Per quanto riguarda gli stranieri, il concetto è leggermente diverso, ma altrettanto rigido. Se un turista o un residente straniero ammette di aver usato droghe in passato, anche fuori dal Giappone, le autorità dell’immigrazione hanno il diritto di rifiutare l’ingresso o di revocare il visto. Questo perché l’ammissione di consumo di sostanze è considerata una violazione delle leggi morali e dell’ordine pubblico giapponese, che sono criteri fondamentali per ottenere o mantenere il diritto di soggiorno.

Un caso famoso riguarda celebrità straniere che, dopo aver ammesso pubblicamente l’uso di droghe (anche se in altri paesi), si sono viste negare l’ingresso in Giappone per anni.

Quartiere a luci rosse di Nagasaki, città multiculturale e variegata. Anche qua niente droga ma è facile incontrare ragazze che offrono massaggi. Foto di Walk of Japan

Controlli e ammissioni personali

Le autorità giapponesi possono effettuare controlli approfonditi all’ingresso del paese, e in caso di sospetti o dichiarazioni passate sui social media o in interviste, potrebbero interrogare direttamente la persona. In alcuni casi, persino dichiarazioni fatte in buona fede o battute sull’uso di droghe potrebbero diventare motivo di negazione del visto o espulsione. Dunque mi raccomanda: attenzione alle attività sui social media e a dichiarazioni pubbliche, soprattutto se rappresenti un’azienda o se sei un libero professionista particolarmente esposto.

Perché questa severità?

La cultura giapponese ha una visione fortemente negativa delle droghe, viste non solo come un problema di salute pubblica, ma come una minaccia diretta all'ordine sociale. Ammettere di aver usato droghe, anche legalmente altrove, è visto come un segnale di mancanza di rispetto verso la legge giapponese, che è considerata invalicabile.

La percezione sociale e l’impatto sulla vita delle persone

La percezione sociale delle droghe in Giappone è estremamente negativa. Chi viene arrestato per reati legati alle sostanze stupefacenti è spesso soggetto a un’ampia copertura mediatica, con una narrazione pubblica che tende a demonizzare il consumatore. Celebrità e personaggi pubblici coinvolti in scandali legati alla droga vedono la loro carriera distrutta in poche ore, con contratti annullati e l’immagine sociale irrimediabilmente compromessa. Altro che cancel culture! Questo è uno degli aspetti più controversi del Giappone, un senso di Stato e comunità formidabile che garantisce estremo ordine ed efficienza, ma anche un macigno di non poco conto sulle libertà individuali di chi si discosta maggiormente dall’etica comune.

Questa cultura della vergogna e dell’esclusione sociale contribuisce a rendere molto difficile per chi cade nella tossicodipendenza cercare aiuto senza timore di ripercussioni personali e professionali.

Kabukicho a Tokyo è parecchio caotica. Non necessariamente pericolosa ma occhio ai “butta-dentro” che provano a truffare i turisti. Un quartiere che sembra europeo e che a confronto con il resto del Giappone appare davvero degradato, sporco e poco sicuro. Però indubbiamente iconico e con tanto divertimenti. Foto di Walk of Japan

I percorsi di riabilitazione e il ruolo del sistema sanitario

Nonostante l’approccio punitivo, esistono programmi di riabilitazione, spesso gestiti da associazioni no-profit o gruppi religiosi, che offrono supporto a chi vuole uscire dalla dipendenza. Tuttavia, l’accesso a questi programmi è limitato e non sempre integrato nel sistema sanitario nazionale, il che rende il percorso di recupero ancora più complesso.

Alcuni ospedali psichiatrici offrono trattamenti per la dipendenza, ma la richiesta di aiuto è vista come un’ammissione di colpa sociale, il che scoraggia molte persone dal cercare assistenza. Questo è vero un po’ in tutti i paesi, ma quando lo stigma sociale è così forte come in Giappone, chiedere aiuto è praticamente impossibile.

I rischi legali per i turisti

Per i turisti, il rischio è altrettanto serio. Essere trovati in possesso di droghe, anche in piccolissime quantità, porta quasi sempre all’arresto immediato, alla detenzione prolungata senza possibilità di cauzione e, nella maggior parte dei casi, all’espulsione e al divieto permanente di ingresso nel paese. La polizia giapponese ha il diritto di effettuare perquisizioni e test antidroga anche senza prove evidenti, e una volta arrestati, l’assistenza consolare può essere limitata. In generale, la polizia giapponese è molto cordiale ed efficiente, ed è consapevole delle differenze culturali tra gaijin e giapponesi e raramente si sentirà costretta a fare controlli o perquisizioni ma è comunque meglio partire consapevoli di queste norme.

Il viaggio in Giappone come scusa per abbandonare certi vizi

Il Giappone affronta il problema delle droghe con una strategia basata sulla deterrenza estrema, punendo severamente anche il minimo reato legato alle sostanze stupefacenti. Questa politica ha contribuito a mantenere basso il tasso di consumo rispetto ad altri paesi, ma ha anche creato un ambiente in cui chi cade nella dipendenza trova difficoltà a cercare aiuto senza essere marchiato socialmente. Per fortuna i numeri sono comunque minimi, infinitamente inferiori rispetto a quelli di Stati Uniti o altri Paesi.

Per chi visita il Giappone, il consiglio è semplice ma cruciale: evitare qualsiasi contatto con le droghe e persone che ne fanno uso o ne propongono l’acquisto. Le conseguenze legali e personali possono essere devastanti (soprattutto se come me si è appassionati e si visita il Giappone regolarmente), e le leggi non fanno eccezioni, nemmeno per i turisti inconsapevoli delle rigide norme locali. Se hai intenzione di visitare il Giappone e sei un consumatore abituale o saltuario di sostanze stupefacenti, la possibilità di incappare in test anti-droga è prossima allo 0 ma potrebbe essere comunque un’occasione di riflessione per valutare scelte di vita più salutari e consapevoli.

Il fascino del Giappone sta nella sua cultura, nella sua storia e nella sua bellezza, ed è meglio godersi tutto questo senza rischiare di rovinarlo per sempre a causa di una leggerezza e della ricerca dello stordimento. Per quello ci sono comunque birra e sakè in quantità!


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Pippo Senpai

Sono Filippo, analista software sabaudo con un amore smodato per il Giappone e la passione per le arti e la scrittura. Forse la mia anima è giapponese? O forse sono solo un nerd. Ho creato Walk of Japan per dare ordine alle mie avventure e ai miei pensieri e condividere tutto questo nel modo a me più congeniale: attraverso la comunicazione digitale. Spero questo portale possa diventare il tuo compagno di viaggio in Giappone. Buona avventura!

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